Nella pesca a passata si usano solo esche naturali. Dai lombrichi ai bigattini, dal mais alla frutta e al formaggio, vediamo quali sono le più diffuse e il loro modo di impiego.

Il numero di esche che si possono utilizzare nella pesca a passata è grande: ciò è dovuto al fatto che i pesci che si possono catturare con questa tecnica sono numerosi, ma anche al fatto che il cavedano, una delle prede principali insieme al barbo, è un pesce onnivoro, dal menù variatissimo, che va dalla frutta a piccoli pesciolini. Ne consegue che praticamente ogni esca conosciuta, in rapporto al momento particolare e alla stagione, può essere utilizzata dal pescatore a passata. Noi ci limiteremo quindi a parlare di quelle esche che si adoperano con maggiore frequenza, tenendo conto della loro diffusione e della loro efficacia. Caratteristica comune a tutte le esche per la pesca a passata è la loro origine naturale, sia essa vegetale o animale, perché si tratta di una tecnica che, a differenza di altre, non prevede l'utilizzo di esche artificiali. Un'altra particolarità propria di questa diffusa tecnica di pesca è che ogni pescatore può disporre di una grande libertà nell'utilizzare un'esca piuttosto che un'altra, o addirittura di sperimentarne di nuove, a volte con risultati sorprendenti, sfruttando la sua personale esperienza e la sua fantasia. Un pescatore previdente, infine, non partirà per la sua giornata di pesca con un solo tipo di esca: accade spesso che i pesci, a un certo punto e senza che se ne possa capire la ragione, smettano di abboccare a un'esca che fino a quel momento aveva dato ottimi risultati. Sta allora al pescatore e al suo intuito essere pronto con un'esca alternativa, magari del tutto differente da quella usata fino a poco prima. C'è poi un fattore importante da tener presente: i cambiamenti d'abitudine dei pesci per quanto riguarda la loro alimentazione. Spesso infatti si verifica che una certa esca, in una zona adoperata per anni con ottimi risultati, perda improvvisamente tutto il suo potere adescante. Perché? Le risposte possono essere molte: la mutata composizione chimica dell'acqua, per esempio, anche in seguito a fattori inquinanti. Oppure, anche se non esiste una prova scientifica al riguardo, l'evoluzione della memoria razziale collettiva dei pesci che arrivano ad associare a un determinato cibo una precisa sensazione di pericolo. E non si tratta di casi isolati. La conclusione perciò è questa: essere pronti a cambiare genere di esca, e quindi impararne l'uso corretto, almeno per quanto riguarda quelle principali.

 La larva di mosca carnaria

Detta anche bigattino, questa è l'esca che detiene il primato assoluto di diffusione, perché la più usata da tutti i pescatori a passata. Innanzitutto, è facile da trovare in qualsiasi negozio di pesca, nelle quantità che si vogliono e a un prezzo accessibile. Inoltre è possibile utilizzarla in tutte le stagioni. Infine, i pesci dimostrano di gradirla in tutte le acque e in ogni condizione. La larva di mosca carnaria, conosciuta anche come cagnotto, gianin e altri nomi dialettali, ha una lunghezza di 10/15 mm, si sviluppa naturalmente nel periodi caldi, anche se ormai si trova sempre nei negozi, riforniti dai produttori che hanno agevolmente superato l'ostacolo stagionale. La sua origine naturale è legata alla decomposizione della carne, e qualche tempo addietro, quando non tutti i negozi ne erano forniti, c'erano pescatori che si procuravano i loro bigattini lasciando per qualche giorno al sole, in un barattolo con un poco d'acqua, qualche ritaglio di carne non proprio fresca. Su questa carne si posavano le mosche che schiudendosi producevano le larve. Queste, dopo un certo periodo e secondo il loro ciclo naturale, diventano rigide e scure e subiscono la metamorfosi che le trasforma in mosche. Il colore naturale della larva di mosca carnaria è bianco avorio e le dimensioni possono variare a seconda della specie delle mosche che hanno deposto le uova. Per esempio, le mosche che fanno la loro deposizione su carne di pesce danno origine a bigattini leggermente diversi da quelli che nascono su carne di maiale o di bovino. Oggi queste larve sono reperibili anche colorate artificialmente: al cibo dei bigattini vengono mescolati particolari coloranti, che a poco a poco danno un colore nuovo al corpo della larva. Non si tratta di una tintura esterna che potrebbe sciogliersi o scomparire a contatto con l'acqua, ma di un colore che fa parte, per così dire, del bigattino stesso. Così dai negozianti possiamo trovare bigattini gialli, rossi o verdi. Non sono colori scelti a caso o per abbellire il bigattino, ma il risultato di esperienze che hanno dimostrato, per esempio, la spiccata preferenza da parte di barbi o lasche per larve rosse, o quella del cavedano per bigattini di un bel giallo. L'innesco classico del bigattino è quello a tre larve, su ami dal 12 al 18 (i più usati sono gli ami n. 14 o 16), con un bigattino innescato "a calza", in modo da coprire tutto il gambo dell'amo, e gli altri due innescati sulla punta, appena sottopelle nella loro parte più grossa, in modo che rimangano vivi e si muovano a lungo, attirando il pesce. Questo innesco va bene in quasi tutti i tipi di acque e con quei pesci che dimostrino una normale attività alimentare. In presenza di pesci di piccola taglia, come savette, lasche, scardole, o quando i pesci non dimostrano un normale interesse ad abboccare, è meglio ridurre a due le larve innescate, la prima sempre a calza, la seconda in punta. Un terzo innesco è quello con un solo bigattino, a calza, indicato per le lasche. Per scoprire quello che ottiene un maggior numero di abboccate si provino bigattini di diverso colore. Con un solo bigattino si pescano tutti i pesci di piccola taglia. E un innesco che dura più degli altri, in quanto con lo stesso bigattino si possono pescare anche cinque pesci. Osservando le condizioni dell'esca sull'amo tra un lancio e l'altro si ricavano preziose indicazioni. Per esempio, quando i pesci abboccano molto delicatamente, tanto che l'abboccata stessa non viene percepita dal galleggiante, i bigattini recuperati appariranno leggermente svuotati, allungati, appiattiti e privi di movimento. Si deve allora cambiare la profondità, o la piombatura, perché se il pesce ha soltanto assaggiato l'esca, vuol dire che non gli si è presentata nelle giuste condizioni. Naturalmente, bisogna anche sostituire l'esca con una nuova. Col bigattino si deve anche pasturare, sia incollandolo, sia lanciandolo sfuso con la fionda. Contenitore ideale per i bigattini è il marsupio, comodo soprattutto quando si pesca in acqua, o, per chi pesca dalla riva, la classica "zucca', recipiente in plastica che permette di mantenerli vivi a lungo. Il quantitativo medio di bigattini per una giornata di pesca può essere contenuto entro il chilo, anche se spesso alcuni pescatori ne portano di più, soprattutto per fare una pasturazione più abbondante. A questo riguardo bisogna informarsi sui regolamenti regionali, che in alcune parti d'Italia limitano il quantitativo di larve di mosca carnaria che ogni pescatore può avere con sé per una giornata di pesca. Va poi detto che su alcuni fiumi l'uso della larva di mosca carnaria è stato vietato. Si tenga comunque presente che il ricorso al bigattino è in genere vietato quando la pesca è praticata nelle acque di montagna al di sopra dei 500 m di altitudine.

La larva di tipula

Di origine animale, questa è un'esca molto gradita ai pesci, al barbo in particolar modo, e viene anche chiamata "gatta" o "gatoss'. Le larve di tipula si possono trovare, da febbraio a giugno, sui bordi dei ruscelli, dove vivono tra le foglie in decomposizione e nel fango. Sono lunghe 3 o 4 cm e hanno un colore bruno abbastanza scuro. Si innescano infilandole nell'amo in un solo punto, meglio se vicino alla testa, stando sempre attenti a non ferire l'esca tanto da limitarne la vivacità una volta immersa nell'acqua. 1 movimenti della larva di tipula risultano così attiranti per i pesci, che non è neppure necessario nascondere completamente l'amo, anche perché si tratta di un'esca piuttosto voluminosa e appariscente. Per innescare la larva di tipula si usano ami del n. 10 o del n. 12. Il periodo in cui si usa la larva di tipula corrisponde ai mesi primaverili e agli inizi della stagione estiva. Il barbo e il cavedano, come abbiamo accennato, sono eccezionalmente sensibili a questo tipo di esca, che può essere utilizzato per effettuare la passata sia in correnti medie sia in correnti sostenute fino a tutto il mese di giugno.

Il lombrico

E' un'esca che veniva usata soprattutto prima della massiccia comparsa della larva di mosca carnaria, ma resta valida per la pesca a passata. 1 lombrichi non sono difficili da trovare, ma bisogna scegliere quelli piccoli e rossi, di fango, mentre quelli grossi di terra sono più indicati per altre tecniche di pesca e non sono praticamente mai usati nella passata. Ottimi sono anche i vivaci e piccoli lombrichi del letame, che, innescati con cura, rimangono a lungo vitali e hanno movimenti decisamente di richiamo. L'innesco va fatto su ami del n. 10/12/14 a gambo lungo, con una parte del lombrico infilata a calza in modo da ricoprire il gambo, e l'altra parte libera di muoversi. Per procurarsi i lombrichi basta scavare in zone ombrose o comunque poco soleggiate, umide e fangose, mentre quelli del letame si trovano ai bordi dei letamai nei campi. Per conservarli, basta mantenerli umidi nel loro humus naturale, al fresco. Per chi non ha voglia di andarseli a cercare, ci sono i negozi di pesca, che ne sono forniti, a seconda dei periodi e delle specie.

Il mais

I chicchi di mais (o granoturco) sono un'ottima esca nei mesi primaverili per tutti i ciprinidi e si rivelano particolarmente efficaci per insidiare le scardole e le carpe. In commercio il mais si trova confezionato in lattine, precotto e mantenuto morbido da un liquido conservante, ed è senz'altro più comodo e sicuro di quello che ci si potrebbe preparare in casa. Volendo prepararselo da sé è sempre necessario bollirlo. Il mais va innescato a collana su ami a gambo corto del n. 12 o 14, mai più di due o tre chicchi Anche in questo caso è necessaria una pasturazione preventiva, in limitate quantità, per attirare e abituare i pesci a questo tipo di cibo.

La polenta e gli sfarinati

Esche che vengono dalla nostra tradizione alimentare rurale, polenta e sfarinati si possono usare sia come pastura, sia propriamente come esche, impastati in palline da innescare su ami a gambo corto del n. 10 o 12. Usando pastoni a base di sfarinati o di polenta è bene preparare la zona di pesca con qualche giorno d'anticipo con

un'abbondante pasturazione. Al momento della pesca vera e propria si possono usare ancora piccole palle di pastura appena prima di incominciare

le passate. In questo modo potremo avere la sicurezza che ormai tutti i pesci si sono abituati a questo genere di cibo, e le abboccate saranno sicuramente più numerose.

La frutta

Tutti i ciprinidi, con il cavedano al primo posto, si possono pescare, a seconda delle stagioni, con quasi tutti i tipi di frutta, esclusa quella di sapore aspro, come ad esempio i limoni. Il motivo è intuitivo e naturale: i fiumi dove vivono i pesci che sono prede tipiche della pesca a passata scorrono tra rive su cui sporgono spesso i loro rami alberi da frutta oppure si affacciano cespugli e arbusti che producono bacche. Si tratta perciò di un cibo che spesso viene portato dalla corrente quando i frutti cadono in acqua. Si verifica quindi, nei periodi in cui i frutti maturano, una sorta di pasturazione naturale, che rende redditizia la pesca con queste esche. E importante quindi utilizzare frutti che siano presenti nell'ambiente circostante, e che possono essere diversi da una località a un'altra, anche se due in particolare vanno bene dappertutto e rendono più degli altri. Il primo è rappresentato dall'amarena (si usa anche, in misura minore, la ciliegia), che si innesca su ami a gambo corto del n. 6 o 8, facendo molta attenzione che il frutto nasconda completamente l'amo. Se si vuole, si può levare il nocciolo, badando però di non sciupare l'integrità dell'amarena. Un'altra esca che esercita un richiamo irresistibile, specialmente sui cavedani, è il sambuco. Si tratta però di un frutto che per rendere bene deve essere abbinato a una massiccia pasturazione. Il periodo più adatto per la pesca col sambuco va dalla fine di luglio alla fine di agosto e corrisponde al momento in cui i frutti nati sugli arbusti lungo le sponde raggiungono la piena maturazione. Il cavedano allora sembra non essere più attratto dalle altre esche e inizia a cibarsi solo di sambuco. Abbiamo parlato delle due esche migliori tra la frutta, ma possono dare buoni risultati anche le pere, l'anguria, le more, l'uva e quasi tutte le bacche.

IL formaggio

E' un'esca indicata soprattutto per i grossi barbi. Vanno bene tutti i formaggi di una certa consistenza, tagliati a cubetti da innescare su ami del n. 8 o 10. Anche in questo caso ci vuole una pasturazione preventiva.

Libellule e cavallette

Da usare in estate, nei momenti in cui i pesci, i cavedani in particolare, si muovono appena al di sotto del pelo dell'acqua, con frequenti e rumorose bollate. In questo caso, però, la pesca a passata non è più redditizia, e conviene modificare la tecnica innescando la libellula o la cavalletta su ami a gambo lungo, al termine di una lenza senza più galleggiante, da far derivare sulla corrente con l'aggiunta al massimo di uno o due piombini in una passata anomala, perché superficiale.

Le interiora di pollo

Esca esclusivamente invernale, le interiora di pollo o di altro volatile richiedono l'uso di ami abbastanza grandi a gambo lungo e non sono strettamente specifiche per la passata, dato che vengono usate anche per la pesca a fondo. Bisogna fare attenzione all'innesco, perché le interiora devono ricoprire completamente l'amo.

Le esche bioniche

Sono l'unica eccezione a quanto detto sopra sulle esche naturali e le passate: si tratta più che altro di una curiosità. Fanno parte di quella famiglia di esche che regolarmente appaiono sul mercato e sono in genere di provenienza americana; quasi sempre promettono risultati che poi raramente si riescono a ottenere. Le esche bioniche in origine sono state studiate per la voracità dei black bass americani, e da noi vengono vendute anche per il cavedano. Si tratta di grossi vermi in silicone, adatti alla passata, che nell'acqua si muovono parecchio rispondendo a ogni minima sollecitazione della corrente. Si tratta evidentemente di esche artificiali e sono trattate con sostanze chimiche che, secondo quanto si legge sulle confezioni, dovrebbero risultare irresistibili per i pesci. Purtroppo, a quanto pare, i nostri pesci hanno gusti diversi da quelli d'oltre oceano, perché queste esche in silicone danno qualche risultato soltanto con i persici trota (non a caso si tratta di pesci d'importazione), mentre pescando a passata offrono soltanto la comodità di non dover manipolare un'esca naturale e di durare parecchio. Anche perché le abboccate sono piuttosto rare. Si possono però provare in quei casi in cui i pesci, come a volte accade, dimostrano improvvisamente un totale disinteresse per le esche naturali. Allora anche un'esca bionica può risultare efficace, forse perché, essendo assolutamente inusuale e nuova, sollecita la curiosità del pesce.

Esche e fantasia

Abbiamo citato finora le esche che vengono usate con maggiore successo dai pescatori a passata, quelle che vengono utilizzate con la ragionevole sicurezza di fare buone e numerose catture. Ma le tecniche di pesca si evolvono, si modificano. E questo vale, sia pure in minor misura, anche per le esche. Rimane perciò aperto uno spazio per ogni innovazione, per l'esca nuova che un pescatore decida all'improvviso di usare, se non di inventare, basandosi sulla propria esperienza e sulla propria capacità di intuire le abitudini del pesce. E, naturalmente, sulla sua fantasia. Non è uno spazio molto grande, ma esiste.

Ultimo aggiornamento (Giovedì 19 Marzo 2009 14:41)